Ad un inventore che ha avuto una bella idea innovativa può passare per la mente di utilizzare ChatGPT per farsi aiutare a scrivere un brevetto, per raffinare l’idea, farsi raccontare lo stato dell’arte sino a giungere a farsi suggerire come strutturare il brevetto nella parte di descrizione o a farsi dare una mano nella stesura delle rivendicazioni.

Questa però è una pessima idea. Il motivo principale risiede nel rischio di perdita di un requisito fondamentale per la validità del brevetto stesso: la Novità.

Ho visto spesso inventori che hanno prima raccontato a terzi il dettaglio delle loro invenzioni, ad esempio in conferenze, presentazioni a clienti o fornitori senza la protezione di vincoli di riservatezza, articoli tecnici, rimanendo poi stupiti e delusi del fatto che tale idea innovativa non potesse più essere brevettata.

Uno dei principi cardine della brevettabilità di un’idea innovativa è la sua Novità. Il Codice della Proprietà Intellettuale (DL 10 febbraio 2005, n. 30) all’ art. 46 (Novità) dice infatti che “un’invenzione è considerata nuova se non è compresa nello stato della tecnica” e che “lo stato della tecnica è costituito da tutto ciò che è stato reso accessibile al pubblico nel territorio dello Stato o all’estero prima della data del deposito della domanda di brevetto, mediante una descrizione scritta od orale, una utilizzazione o un qualsiasi altro mezzo”.

La domanda, quindi, è: raccontare a ChatGPT la propria idea innovativa equivale a renderla accessibile al pubblico? La risposta è semplice: sì !

Sino a quanto ChatGPT è stato disponibile in Italia, prima del blocco del Garante della Privacy, i “term of use” dicevano espressamente nel paragrafo “Category of Personal Information: Disclosure of Personal Information” che riguardo le “Network Activity Information, such as Content and how you interact with our Services: We disclose this information to our affiliates, vendors and service providers, law enforcement, and parties involved in Transactions.”

Quindi, leggendo quello che dicono i “term of use”, immettendo delle informazioni nella chat di ChatGPT se ne fa automaticamente la divulgazione (disclosure) non solo a ChatGPT ma anche ai suoi affiliati, fornitori e a qualsiasi altro soggetto convolto nella Transazione, tutto questo senza alcun vincolo di riservatezza.

Oltretutto immaginerei, e qui il condizionale è d’obbligo dato che non conosco gli algoritmi di AI utilizzati e non avrei neanche la competenza sufficiente per comprenderli, che quanto noi inseriamo nella chat durante un “colloquio” con ChatGPT serva ad addestrare gli algoritmi di Intelligenza Artificiale di ChatGPT stesso. Implicitamente, quindi, ChatGPT potrà utilizzare queste informazioni per migliorare la sua performance nelle risposte agli altri utenti, diventando esse parte del suo bagaglio di conoscenza.

Inoltre (ma qui si apre un altro capitolo) utilizzare le risposte di piattaforme di AI per creare contenuti originali quali un brevetto, senza citare o dare credito alla fonte, potrebbe violare, oltre al principio di novità, quelli inerenti i diritti di proprietà intellettuale, ad esempio ledendo il diritto morale d’autore.

Per questi motivi in Metroconsult abbiamo una policy molto semplice a riguardo, che vieta di utilizzare le piattaforme di AI, quali ad esempio ChatGPT, per dialogare, inserire informazioni o generare testo su tematiche coperte dal segreto professionale.

Questo perché, come abbiamo visto, non è garantita la confidenzialità delle informazioni inserite attraverso le interfacce di dialogo e, di conseguenza, sottoporre a piattaforme di AI informazioni proprietarie e/o riservate dei Clienti potrebbe configurarsi come una pratica in violazione sull’obbligo del segreto professionale di cui all’art. 206 del Codice della Proprietà Industriale nonché dell’art. 4, lettera a) del Codice di Condotta Professionale dell’Ordine del Consulenti in Proprietà Industriale, quindi, oltre che sanzionabile, creando i presupposti per un danno al Cliente.

Ciò ovviamente non significa che l’Intelligenza Artificiale non potrà essere utilizzata nell’ambito della Proprietà Intellettuale; certamente succederà e cambierà il nostro modo di lavorare, probabilmente in maniera radicale.

Occorre però che le piattaforme utilizzate a tale fine implementino livelli di sicurezza e confidenzialità che garantiscano, ad esempio dal punto di vista della Novità, gli aspetti di riservatezza delle informazioni, almeno sino a quando il brevetto non venga depositato e/o diventi di dominio pubblico.

Sino ad allora utilizzarle per scrivere un brevetto è sicuramente una pessima idea.

 

 

Foto di ThankYouFantasyPictures da Pixabay